Volteggiali nell’aria i bei fiocchi di neve, « lievi aiacce d’angeli », cantate da Petofi. Le insegne dei negozi si leggono a stento, gli orologi nascondono il loro quadrante come se una mano ignota si sia sbizzarrita in un giuoco strano. Nei viali, nei giardini, gli alberi irrigiditi hanno i rami adorni di una finissima trina e le aiuole mostran le piante scheletrite, incappucciate, in difesa del gelo. Sedili e ringhiere sembrano rifiniti con una bordatura di marmo. Le statue fan sorridere nel nuovo abbigliamento, trasformato a seconda delle parti esposte alla neve. Così Àrpàd, nel monumento del Millennio, presso Vdros Liget, indossa una mantellina bianca d’ermellino quasi ammesso al collegio cardinalizio, Appony ha il parrucchino incipriato come un cavaliere del settecento, S. Gherardo, nella sua tonaca bianca, sembra spirito risorto d’oltre tomba. Mentre le cose sembran dolcemente sognare e il Danubio pare addormentato sotto lo strato dei suoi ghiacci, ferve intorno la vita cittadina. Corrono le automobili, seguendo la traccia dei carri