284 galee, o alla custodia del Lido o sulle navi grosse o sui garzaruoli e palischermi. I capi delle contrade andavano di porta in porta ad informarsi di chi vi abitava, della qualità e vita degl’ inquilini, di che professione vivessero ; facendo di ciò diligentissima ricerca, e se trovavano qualche vagabondo o di mal costume, viandante od altra persona sospetta, ne riferivano ai tre savi a ciò deputati. Nessuno poteva senza licenza di questi partire dalla città. Fatti i ruoli, distribuiti i servigi, gettavansi le tessere, e quelli cui toccavano, dai diciotto ai cinquantanni, se non erano in servigio sulle galere, tosto erano avviati colle loro armi al Lido ove restavano otto giorni sotto il capitano Pietro Emo. Tutto disposto, furono dai Veneziani riprese le ostilità. Il primo scontro avveniva per opera di Giovanni Barbarigo il quale allo scopo di profittare del vantaggio che le barche leggiere e i marinai esperti delle lagune aveano sopra i grossi navigli genovesi e di quella navigazione mal pratici, era uscito con piccola squadra e assaliti improvvisamente una galea e due altri vascelli che erano alla custodia del forte di Montalbano occupato dai Padovani, li prese ed incendiò e condusse a Venezia cento cinquanta prigionieri (1). Codesta vittoria, per quanto piccola, rinfrancò 1’ animo dei Veneziani i quali ne trassero buon augurio per le maggiori avvenire. Ormai era un lamento universale che la passiva difesa condannava, voleva ciascuno uscire e misurarsi col nemico. Prudente ed assai ben concepito era il piano di guerra proposto dal Pisani : esso tendeva ad imprigionare la flotta nemica nella Laguna impedendole l’uscita e il ricevere rinforzi e a ciò disegnava pervenire non con la forza delle armi che sarebbero state insufficienti, ma mettendo in opera (1) Lo stesso Polieta nella sua Hist. genuens. rende bella testimonianza al valor veneziano e racconta con poca diversità i fatti.