19 Le reiterate ammonizioni ai Ferraresi riuscirono vane, confidando essi nel Papa che si mostrava irritatissimo contro i Veneziani ; ed il giorno 12 marzo 1309 il Maggior Consiglio decretava l’invio d’ un notaio a Ferrara con un’ultima perentoria intimazione (1). Partisse, diceva l’istruzione, sollecitamente domani, presentassesi al podestà, al gonfaloniere, al proconsole, agli anziani, al Consiglio ed al Comune di Ferrara e gl’ invitasse ad osservare puntualmente i convenuti patti ; quand’ essi vi si mostrassero ben disposti, gli eccitasse a provarlo coll’opera e a dare scritta di ciò a che s’impegnavano ; mentre la Repubblica dal canto suo verrebbe ad equa composizione circa al debito loro per le spese fatte dai Veneziani in Castel Tedaldo. Che se poi ricusassero, il notaio protestasse, dichiarasse aver essi infranto i patti, essere perciò caduti nella convenuta pena, esternasse immediatamente a Venezia. Partiva il notaio ed il giorno 31 eragli spedita dietro altra, deliberazione del Consiglio concernente l’annullamento del bando di Fresco e de’ suoi seguaci (2), e il pagamento delle somme dovute ; scrivevasi pure al podestà G-iovanni Soranzo circa alle guardie che i Ferraresi erano obbligati a tenere entro alle fortezze ; poi passavasi il giorno 17 alla nomina di lina giunta di XXX (3), deputata a maneggiare insieme col doge, coi consiglieri di questo ed i capi de’Q.ua-ranta la faccenda di Ferrara, che sempre più facevasi difficile, dacché già cominciava a correr voce d’ una tremenda Bolla preparata da papa Clemente V contro i Veneziani. La Giunta tenne parecchie adunanze e, ben pesate le cose, venne in sulla deliberazione : si avessero a nominare tre ambasciatori al papa, per tentare di placarlo (1) Presbiter, p. 19. (2) Ibid, p. 10, t.° (3) Presbiter, p. 20 t.