253 quali mandati a Genova uno degli zii del re, i figli del-l’altro e sessanta ostaggi tolti dalle principali famiglie, restituivano il regno a Pietro di Lusignano coll’ obbligo di un tributo annuale di 4000 fiorini e si partirono (1). Pietro però lungi dall’ acquetarsi alla sua sorte, non cessava di volgersi ai Veneziani implorando il loro soccorso per sottrarsi alla soggezione genovese. Mandarono essi quindi parecchie ambasciate a Genova lagnandosi delle violenze commesse a Famagosta, contro i loro concittadini e perfino contro la persona del bailo, alla cui casa era stato dato il sacco, e la cui vita istessa avea corso grave pericolo, delle quali cose tutte domandavano soddisfazione. Il doge Domenico da Campofregoso accolse benevolmente gli ambasciatori, prometteva i compensi, ma erano vaghe parole e non si veniva mai in sullo strignere (2). Intanto nuova burrasca sorgeva da altra parte, che dovea render inevitabile la guerra. Deboli com’erano gl’imperatori di Costantinopoli, si trovavano incapaci a difendere il proprio territorio, sempre più invaso dalla crescente potenza ottomana. Nei primi anni del secolo XIV, il vecchio Andronico avea perduta tutta T Asia Minore e tutt’ i possedimenti greci al di là del Bosforo e dell’Ellesponto ; circa al 1350 Cantacuzeno chiamò egli stesso i Turchi come ausiliarii a sostenerlo sull’ usurpato trono ; il Paleologo suo successore li vide fin sotto le mura di Costantinopoli. « Chiudi le porte della tua città per regnare entro il circuito delle tue mura, faceva dire il sultano Murad a Giovanni Paleologo, perchè quanto è fuor della loro cerchia, è mio ». (1) Giorgio Stella Ann. Gen. in Murat. t. XVII, col. 1103. (2) 6 sett. 1376 risposta conciliante della Repubblica agli ambasciatori di Genova, Misti Senato p. 133. Vol, III. 33