203 se il doge al titolo di duca della Dalmazia e Croazia ; restituirebbe all’ incontro il re i luoghi occupati nell’Istria e nel Trivigiano ; proibirebbe ai Dalmati e ai pirati ogni molestia alle barche veneziane ; permetterebbe ai magistrati, nel ritirarsi dalle città che si cedevano al re, di seco trasportare le robe loro (1). La gravità delle condizioni dava molto a pensare al senato veneziano, onde al Collegio, già istituito per l'amministrazione della guerra, furono aggiunti altri cinquanta nobili per ben ventilare le proposizioni del re e deliberare sull’ importantissimo argomento. Varie però erano le opinioni nel Consiglio ; dicevano gli uni : Nulla uguagliare la meraviglia, nulla lo sdegno onde ogni Veneziano avea ad essere compreso nell’ udire siffatte proposte alla grandezza della veneziana Repubblica sommamente offensive : rifuggir l’animo dal discuterle ; pure, così volendo la maestà del Consiglio e gli ordini della Repubblica, passerebbesi oltre circa alla loro convenienza, esaminandone soltanto l’utilità. Come ! rinunziare alla Dalmazia, sostegno principale delle armate, rinunziare a quei porti, tanto vantaggiosi, anzi necessarii al commercio, alla sicurezza, e che in mano del re d’Ungheria si convertirebbero a continuo travaglio, a danno, a perdizione infine della Repubblica? Vane essere le promesse del re d’impedire il corso, di non dar ricetto ai pirati, che quand’ anche seriamente il volesse, e difficilmente il vorrebbe, sarebbegli impossibile contenere quei popoli e per inclinazione e per amor del gadagno portati al pirateggiare; ed il re stesso non sempre forse conserverebbesi amico, e morto lui, il successore altri sentimenti, altre idee poter forse nutrire rispetto alla veneziana Repubblica. Nè le cose essere per anco (1) Paolo Morosini 271, 272.