308 sima la giustizia, e il chiamino nobilissimo (1) e notabilissimo doge, molto bene di lui ripromettendosi, se morte non 1’ avesse troppo presto rapito al desiderio de’ suoi e della patria, tuttavia storici mancanti di critica e superficiali accolsero sul conto suo una diceria, che getterebbe brutta macchia sulla sua indole, e renderebbe inesplicabile come il Morosini potesse nell’elezione venir preferito al suo competitore Leonardo Dandolo e come si fosse potuto vantare di lui il grande amore della giustizia e della patria. Raccontano che il Morosini durante la guerra di Chioggia, « mentre tutt’ i cittadini offrivano il più che potevano per » salvare lo Stato, egli, approfittando dell’altrui indigenza, » comperava case ed ingrandiva il suo patrimonio. Sul » quale proposito essendogli talvolta rinfacciato il suo ma-» laugurato consiglio e dicendogli taluno : Siamo in peri-» colo di perder Venezia c voi comprate stabili ! Rispondeva : » Se questa terra starà male, io ne voglio aver bene ». Ma ben diversamente è raccontata la cosa dai migliori cronisti e tale da qualificare il Morosini veramente per ottimo cittadino, onde a me gode 1’ animo di poterne della taccia di avaro e quasi traditor della patria purgare la fama. Venezia era stretta dai Genovesi : i bisogni dello Stato obbligavano a decretare del continuo nuove imposte : la carestia era estrema, ogni commercio impedito, quindi la necessità in molti di vender i propri stabili, ed anche questi per la caduta, che pareva ornai prossima, della Repubblica erano scemati notabilmente di prezzo. Il Morosini, in quella generale distretta, anziché nascondere il suo danaro e pensare ad assicurarsi una vita agiata a qualunque evento ed in qualunque luogo avessero a balestrarlo gli avvenimenti, veniva a soccorso del pubblico comperando stabili e probabilmente di ragione del Comune, al quale per tal modo dava (1) Sanudo, Caresini ecc.