•260 Avea il carcere del Paleologo una finestra che guardava sul mare ; il Zeno, affrontando coraggiosamente le onde che imperversavano, il cielo che diluviava, i lampi e tuoni tremendi, giunge su leggero palischermo a’ piedi dalla torre, e col mezzo d’una scala di corda che dall’ alto gli vien gettata, penetra nella camera dell’ imperatore e lo sollecita a discendere. Ma in quel momento si affaccia alla mente del principe il pensiero dei suoi due figli che fuggendo avrebbe lasciato in balìa del tiranno, ed il cuore gli mancò. Rispondeva Carlo non essere quello tempo di piangere e di consultare, ma di pronta risoluzione : vedesse a qual pericolo ei s’ era posto per salvarlo, si decidesse dunque e quando di venire si rifiutasse, ricordassesi bene di non più parlargli di tale faccenda. E vedendolo pur sempre titubante mentre scorreva inutilmente il tempo, Carlo impazientito tornò a calarsi nella sua barca e raggiunse felicemente la spiaggia, ove licenziò le sue guardie. Passati alcuni giorni, Giovanni, pentito dell’ essersi lasciato fuggir l’occasione, volle riannodare nuove pratiche col Zeno, e per animarlo a ritentare l’impresa, mandavagli uno scritto con cui dichiarava cedere Tenedo ai Veneziani. Carlo non si mostrò nep-pur questa volta restìo, consegnò alla solita donna la risposta, ma comunque si fosse, ella fu sorpresa dalle guardie e posta alla tortura, confessò ogni cosa. Cercavasi allora da per tutto del Zeno, il quale ben sapendo che cosa avea ad attendersi da Andronico, si diede a precipitosa fuga e pervenne a raggiungere la flotta veneziana, che comandata dal suo suocero Marco Giustinian incrociava nelle acque di Costantinopoli. Fattosi mettere a terra a Tenedo, parlò al governatore, gli mostrò l’ordine di Giovanni, e ottenne la consegna dell’ isola (1). (1) Jacopo Zeno, Vita di 0. Zeno.