69 a) Leggi per la sicurezza e prosperità dello Stato. Ad un governo, che, come il veneto, si sosteneva senza sfoggio di forze militari nell’ interno, che era circondato da nemici e da invidiosi, che avea di continuo sott’ occhio le fazioni che dilaniavano gli altri Stati d’Italia o come gli stranieri in seguito di quelle venivano a conculcarli, facea uopo di somma prudenza, d’ una vigilanza estrema, d’ una secretezza senza pari nelle sue deliberazioni : dovea tenere a freno le male disposizioni interne e impedire gli assalti del di fuori con uno spionaggio e mistero che valessero a centuplicare l’idea della sua forza, e a ciò opportunamente rispondeva il Consiglio de’ Dieci, riguardato quindi sempre siccome il Palladio della Repubblica. Laonde era severamente proibito ai nobili di stringere tra loro setta o congiura per sostenersi a vicenda nei Consigli (1432-3, 28 genn.) ; di parlare fuori dei Consigli di quanto venisse in quelli trattato (1459, 14 novem.) ; di aver conferenze, consulte, ragionamenti con ambasciatori od altri forestieri circa alle cose dello Stato (1480) ; d’intervenire armati alle adunanze del Maggior Consiglio (1491) ; di dare feste da ballo, regate od altro divertimento a personaggi esteri senza pubblica licenza (1651-2, 27 feb.), di tenere con essi carteggio (1662, 14 marzo). Nessuno osasse parlare delle cose del governo o delle pubbliche deliberazioni, nè uscir potesse dallo Stato chi avesse avuto parte ai consigli secreti (1664-5, 13 genn.) ; non si scrivessero per mandar fuori dello Stato nuove di qualunque sorta concernenti il governo, nè quelle neppure che circolassero per la piazza (1571-2, 8 feb.). E tanto gelosa era questa materia dei segreti di Stato, che non bastando 1’ opra del Consiglio, nè degl’ Inquisitori specialmente da esso incaricati col nome d’Inquisitori dei dieci e d’Inquisitori alla propalazione de segreti, furono