14 tro mesi per provvedere alle faccende di Ferrara. Venivano in pari tempo a Venezia due legati papali, Arnaldo abate Le-moniense ed Onofrio diacono della chiesa Meldense per presentare loro lettere al doge (1), domandando la restituzione del castello Tedaldo occupato dai Veneziani in Ferrara col ponte e colla torre, compenso ai danni recati dalle armi loro e dal fuoco, non che il richiamo delle truppe che colà tenevano. Le lettere furono consegnate alla presenza di Santo cancelliere, di Andrea da Parma, di Marco Siboto e Donato de’ Lombardi notaio di palazzo il 3 settembre 1308 (2), ma non avendo il Collegio de’ XX Savii facoltà di deliberare in materia di sì grave importanza, fu appositamente nominata il giorno 5 un’ altra giunta di XXV (3), incaricata di rispondere ai legati. E la risposta fu : che Ferrara, liberata dalla tirannide di Sa] inguerra, era venuta nel dominio de’ marchesi d’ Este ; che questi potevano quindi disporne a beneplacito ; che Fresco aveane fatta cessione alla Repubblica, nè potere per ciò nessuno contrastamele il possesso. Decretava quindi il Maggior Consiglio il 7 ottobre : Non apparendo il doge, i suoi consiglieri, i capi della Quarantia e il Consiglio de’ XX essere investiti di facoltà sufficienti a dichiarare la guerra a Ferrara, tal facoltà venir loro di presente conceduta, non però quella di fermare alcun patto, concordia, lega od alleanza senza l’approvazione del Maggior Consiglio. I legati papali si partirono quindi da Venezia, insultati anche dal popolo, che li voleva morti per le minacce da essi proferite. E tuttavia nuove proposizioni vennero alla Repubblica : rinunciasse la città alla romana sede, e rice-vessela poi da questa a titolo di feudo verso 1’ annuo censo (1) Caroldo. (2) Libro Presbiter p. 4. (3) Presbiter p. 5 t.*