322 prio innalzamento (1), e domandando salvocondotto agli ambasciatori che disegnava mandare a trattar di pace. Ma fu inutile : 1’ allettamento di Treviso troppo poteva sull’animo dei Veneziani. Venne adunque come capitano generale Jacopo dal Verme ed entrò nel territorio padovano dalla parte di terra, mentre i Veneziani con legni armati sotto il comando di Jacopo Delfino penetravano pei fiumi. Padova fu stretta d’assedio nel luglio del 1388 e il popolo tumultuando obbligò il Novello a trattare f,ol dal Verme (21 nov.) cedendo a Gio. Galeazzo tutte le sue città, cioè Padova, Treviso, Feltre, Belluno e loro dipendenze : impegnavasi il Visconti a non istaccare dal Comune di Padova nessuna terra ad esso pertinente, eccetto la torre del Curan e s. Uario di cui potrebbe disporre a beneplacito ; il Carrara impegnavasi a venire al cospetto del duca di Milano per poi stare ove a questo fosse piaciuto (2). Infatti si ritirò a Monselice e di là a Verona, donde poi si diresse alla volta di Milano. Ma Galeazzo non volle neppur vederlo, anzi fece venire a sè anche il vecchio Francesco, che da Treviso erasi maneggiato per avere il soccorso del duca Alberto d’ Austria, disegno attraversatogli dall’astutissimo Visconti, il quale promise a quel duca cinquantamila ducati d’oro da pagarsi in tre mesi dopo avuta Padova (24 ottobre 1388), purché chiudesse le vie a qualunque sussidio potesse venire al Carrara, facesse prontamente sapere per pubblico bando essere vietato a qualunque di entrare agli stipendii di lui, e non prendesse nè accettasse alcuna terra dai Carraresi (3). Così Padova fu (1) Yerci t. XVII, in data 30 giugno fra i documenti e Comm. Vili, 132 t.° (2) L’ ¡strumento della pace, in data 21 nov. 1388, mandato da Gio. Galeazzo alla Repubblica, leggesi in Verci t. XVII, p. 19 dei documenti. (3) Commetti. VIII, 135. In Verci la notizia che Gio. Galeazzo ne dà alla RP., t. XVII, p. 15, in data 2 nov.