4° UNGHERIA Siamo in barca : un marinaio, ai remi, tende lento le pigre acque di un laghetto: improvvisamente una gru ci trae in alto. Non ancora posiamo sulla sommità che, con il respiro mozzo, con il cuore sospeso, con gli occhi sbarrati, lungo una ripidissima discesa, precipitiamo nel laghetto. Un toufo sordo solleva al cielo una nuvola di spruzzi, di goccioline iridescenti, mentre il la-ghetto ribolle in una schiuma densa e biancastra. Attimo vertiginoso di cui quasi non si è neppure avuta la sensazione, tale è stata la fulmineità. Ci guardiamo tra sorpresi e ridenti ; intorno una folla di curiosi gode del nostro stupore. E adesso dove andiamo ? Un urlo di più voci lanciate all’unisono ed un fragore di macchina che precipita, richiamano la nostra attenzione. Lassù in alto, la ferrovia montana ! L’urlo si ripete, le voci paiono strozzate, continua il fragore. Anche noi alla prova ! Si parte in una specie di slitta che rotola a picco su rotaie e via risale per forza d’inerzia : ascensioni, discese, grida, risate, palpiti convulsi, tenaci strette al compagno. Si scende a terra emozionati, stravolti, pur col desiderio di ritornare ancora. Ma non basta: c’è il garage. Saliamo in automobile e tutti c’improvvisiamo periti autisti : la