45 Così, gli storici molivi di Traìi ricordatisi ancora nell’ anno 1239, nei tempi del Conte di Traù Stefano di Bribir e di Domaldo Conte di Spalato. — I molini stessi erano allora proprietà del Connine, amministrati dal Conte. Più tardi, i molini passarono parzialmente in proprietà della famiglia patrizia Califfi, fino l’anno 1795, in cui furono per l’ultima volta restaurati ed ampliati. Nel 1420, Pietro Loredano scrive al Comune raccomandando; ,,Di molili solicitè i sia conzadi et fate le mazine a zò che d’ essi s’liabbia 1’ utile“. Nel 1617, il provveditore Belegno regolò i dazi dei molini ed i proventi del Comune di Traù. Più tardi, i molini vennero venduti a privati sotto parecchie condizioni, fra cui va rilevata quella della macinatura gratuita pel camerlengo, pel vescovo, pei cancellieri e pei pesatori. Da una seduta del Consiglio dei nobili di Traù dell’anno 1743, si rileva che al Comune competeva il 6% pella macinatura del grano. Presso i molini c’ è la peschiera col c. d. Pantano, che era di proprietà dei Conti di Traù. — Il Comune aveva qui anche le Saline, finché le nuove vennero instituite presso la città, nel sito che anche attualmente porta questo nome. Nel 1814 la peschiera, con una torre all’ ingresso, ora distrutta, era di proprietà del Convento di Santa Croce dell’ isola Bua e da questo fù venduta ad Antonio Katalinic, fratello dello storico Giovanni Katalinic. — Le tasse per gli avvocati variavano secondo il valore della causa. (V. R. Slade Silovic : ,,Nekoje Crtice iz Narodnog Gospodarstva u Trogiru" Stamparija De Giulli Dubrovnik 1909, — d’ onde vennero attinte le suriportate notizie, sugli storici ,,Molini"; il ,,Pantano" (Pantau); le ,,Saline" (Soline) e la Peschiera di Traù). Le leggi comunali erano, in generale, protezioniste pei prodotti del paese; l’esportazione era egualmente aggravata dal dazio del trentesimo; i re d’ Ungheria, quasi da per tutto, riservarono i redditi delle Saline in buona parte alla camera regia. Il Conte, coi giudici, concedeva al maggior offerente i redditi dei beni comunali ; della Beccheria, Pescherìa, della Stadèra del Comune ecc. Coi redditi, pagavansi le spese del Comune ; la Cassa, in generale, era chiusa con tre chiavi, tenute dal Conte, dal Camerlengo e da uno dei Giudici. Le sentenze del Comune erano inappellabili ed appena Lodovico il Grande di Ungheria introdusse 1’ appellazione. I Comuni dalmati abrogarono però tale disposizione subito dopo la morte di Lodovico ; più tardi, a poco a poco, venne 1’ appellazione contro sentenze e decisi del Comune ammessa, con pene di temerarietà per limitarla il più possibile ed anche in prima istanza, acchè ,,le persone abbian rason de non domandar se non quello che si deve domandar“.