468 gloria della Repubblica. Anche l'eccellentissimo capitan generale Mocenigo, di sempre gloriosa memoria, si trovò quasi costretto dalla forza e violenza dell’ altrui timore a rendere la piazza, quando i nemici, superate le breccie, avevano piantate le loro insegne sullo muraglie, ma quell’anima generosa ed invitta, accorgendosi di qualche viltà nei suoi soldati, con in mano la spada sfoderata, vola come un fulmine tutto all’ intorno, minacciando di far impiccare per la gola con infamia di traditore il primo che movesse parola di cederla. Egli pronunciò queste precise parole, degne di restare scolpite nel cuore d’ogui zelante cittadino: Cassa Mocenigo non riceve, dalia patria in comando e governo le piazze per darle ai Turco, dobbiamo morir tutti, e io il primo e mlle mure di Canditi come un tanti altari, dobbiamo tutti sacrificar le nostre vite. Così coll’ esempio della sua propria virtù incoraggiati gli ufficiali e le milizie, fu rigettato il nemico, la piazza in preservata. Sì, la piazza fu preservata, e la memoria di questo fatto strappa 1 a gì'i ir; e di consolazione dagli occhi di ogni nostro fedel cittadino. Ma si è preservata con tanta gloria dal Mocenigo per essere poi ceduta con tanto scorno dal Morosini al Turco, quando era tuttavia abbondante di requisiti, al cospetto di tre soccorsi considerabili, uno arrivato in quel momento in cui già si sapeva che doveva giungere (Lì, altro che si attendeva di momento in momento di Francia, il terzo del procurator Bernardo ; quand’ era tuttavia abbondante di milizie, di tante almeno che poteano supplire sino all’ arrivo di altre al bisogno della difesa. Che se nelle lettere del capitan generale si diceva trovarvisi soltanto da mille cinquecento fanti, ne sono ad ogni modo usciti, in maggior numero alla resa. E quando altre ragioni non si trovassero, non basterebbe questa all’ inquisizione ? Perchè mai tanta (1) Era arrivato un piccolo convoglio del duca della Mirandola.