221 non avea nessuna colpa, avea sentito e sentiva tanto dolore che desiderava fosse stato fatto piuttosto contro la sua persona, ma che quello che avea commesso il misfatto n’era già stato debitamente punito ; quanto al resto poi nulla trovarsi da opporre alla sua casa. I suoi maggiori aver donato alla Repubblica dei regni (alludendo all’isola di Cipro, il che generalmente dispiacque), i suoi non aver mai dato che dire ; egli stesso non avere in alcuna cosa trasgredito la sua Promissione ; se i suoi figliuoli erano stati ballottati in Senato, ciò essere stato fatto in virtù della deliberazione della Serenissima Signoria, ma che avendo poi inteso essere contrario alle leggi della patria, egli stesso avea dato ordine che altri si facessero in luoco loro ; il vescovato di Bergamo essere stato conferito al cardinale suo figliuolo, a-vanti la sua assunzione al principato, dopo questo non aver conseguito alcun nuovo benefizio, ma solamente aver permutato quello coll’ altro di Vicenza ; che era venuto in Consiglio quella mattina perchè i Consiglieri gli aveano detto che poteva venire, che se ne partirebbe volentieri quando gli fosse detto che partisse. » Fin dal principio del parlare del doge, Zeno alzando la voce disse : Signori Avogadori, tocca a voi il far osservare le leggi. Ed il doge rispose: Che dunque? noi non possiamo parlare ? Allora si fece nel Consiglio un grande strepito 6 un batter di banchi per parte degli aderenti del doge, il quale continuò quindi il suo discorso, ma finito questo, il Zeno esclamò : Oh libertà ! Allora lo strepito si accrebbe più che mai, fu intimato allo Zeno di tacere e volevasi sciogliere il Consiglio. Ma Zeno traendo di tasca una scrittura gridò che mandava alla legge i Consiglieri del doge come quelli che aveano osato ingerirsi nella Promissione ducale, e voleva si leggesse quella sua scrittura. Nessuno accettandola, il Consiglio si sciolse, e Zeno si ridusse a ca-