462 più riedificarsi, e alla fine cedessela anche come si trovava, ritirandone però i cannoni e le munizioni. Ma nulla giovava, 1’ ostinazione del gran vezir era inflessibile, e bisognava prepararsi a nuovi conflitti. Niuno però poteva più farsi illusione ; il presidio a sì picciol numero ridotto, non poteva più lusingarsi di tener fermo, dopo 1’ abbandono degli alleati. Laonde il Morosini, chiamati a consulta gli ufficiali tutti, esposta loro la vera condizione delle cose, commiserata la sorte a che si vedevano ridotti, pregolli considerassero bene, e quella risoluzione prendessero che stimassero più acconcia. Per dolore tacevano tutti, e alcuni frammischiavano sospiri al silenzio, e uno guardando 1’ altro, nessuno voleva essere il primo ad esporre il proprio parere in sì difficile emergente. Finalmente invitato ad uno ad uno ad esprimere il proprio sentimento, vi fu chi proponeya spianar la fortezza a forza di fornelli e di mine, ma difficile sommanente rendevasi cavarne a tempo le milizie, gli abitanti, gli armamenti ; altri proponevano introdurre tutte le ciurme alla costruzione di nuovo riparo, ma oltre che vedovasene l’inutilità, come difendere durante i lavori il primo ? come esporre la Standia, ove ancorava l’armata e questa stessa a divenir frattanto preda del nemico, e perder così ogni via di salvezza? Ventilate adunque le varie proposizioni, tutti dovettero alfine convenire colle lagrime agli occhi che dopo tre anni di quasi continuo combattimento e ben ventidue di assedio era giuoco-forza di cedere e di arrendere con onorevoli patti Candia, provvedendo alla quiete ed alla salute della Repubblica. Per ultimo tentativo trovandosi tuttavia a Standia il Rospigliosi comandante papale, pronto ad imbarcarsi coll® sue truppe, gli mandò dicendo il Morosini che se soli tremila soldati gli accordasse, ei si riprometteva ancora di tener fermo fino all’ inverno, guadagnando così tempo a nuovi