431 veva di cinque sesti nei casi dubbii, riflettendo cbe nel presente non eravi dubbio, i consiglieri ducali non vollero decidere, e opinarono che se ne rimettesse la deliberazione al Senato, ordinario giudice in caso di pendenza. Il Senato decretò che la ballottazione si facesse a metà dei voti, decisione che sebbene riguardasse in apparenza solo 1’ ordine di procedura, era invece della massima importanza per la decisione di massima. Perciò fu contraddetta da due valenti senatori Giovanni Soranzo e Francesco Quirini, mostrando l’inconvenienza di alterare un decreto di tanta importanza (1), com’ era quello contro i Gesuiti, mentre invece molto calorosamente in favore della compiacenza da usarsi al Papa orò Giovanni Pesaro cav. e Procuratore di s. Marco, appoggiando principalmente sui bisogni della Repubblica, a’ quali solo dal Pontefice era a sperarsi valido soccorso. Laonde agitatasi la quistione nel Collegio, fu finalmente portata al Senato, il quale con maggioranza di voti acconsentì alla riammissione dei Gesuiti, ma sotto certe condizioni da trattarsi col nunzio, delle quali la prima fu del-1’ acquisto del Convento dei Crociferi per cinquantamila ducati. Così la Repubblica dovette cedere alla necessità, ma volle con severe leggi contenuto nei limiti quell’ Ordine e sopravegghiato, escludendolo specialmente dall’ istruzione della gioventù (2), leggi che andarono poi soggette a controversie, ad alterazioni, ed inosservanze. Ad ogni modo il papa ed i Gesuiti ottennero il loro scopo, non così la Repubblica che si trovò di nuovo delusa nelle sue larghe aspettazioni (3). (1) Valier, Storia della guerra di Candia, L. V. (2) Vedi Sandi, St. civile t. IX, 129 e seg. (3) Il padre provinciale de’ Gesuiti così esprimevasi nel suo discorso al doge 20 febbraio 165627 : . . . attesto e giuro alla Serenità Vostra 1’ immutabile decreto delle nostre volontà di consacrare le nostre fatiche, li nostri sudori, le nostre vite in servitù di questa Serenissima Repubblica, servendole con inviolabile fedeltà, con piena