388 per tutta la città in arme con pericolo di perniciose e pessime conseguenze. Domenica passata, 7 del corrente, quelli che portavano frutti per vendere in Napoli, astretti da’ gabellieri al pagamento intiero della dogana, che li giorni an-tececenti havevano minorato, mostrarono l’impossibilità di pagarla, quando non si fossero obbligati li fruttaroli che li rivendono, ad esborsare il denaro dell’ aggravio, e questi ricusando il farlo per dubbio d’haver con loro danno a gettare essi frutti, rispetto alla gravezza, causò qualche contesa fra di loro, al cui romore concorso qualche numero di popolo, e sdegnati li padroni dei frutti dell’ ostinata pretensione dei gabellieri, risolsero donare li medesimi frutti gratis allo stesso popolo che li divise tra se stesso. Cominciarono le donne et i fanciulli di tenera età, vedendo l’in-discretione dei detti ministri, gridare : Viva il re, et mora il vial governo; con che dato ad un tempo di mano alla stanza de’ medesimi gabellieri, fu subito rotta e disfatta, coll’ asportatione dei libri, che furono stracciati, et malmenati li gabellieri stessi, che si posero in fuga. Pervenutone 1’ avviso al signor viceré, spedì sollecitamente, per acquietare il romore, 1’ Eletto del popolo ; ma, non sì tosto comparso, maltrattato dai ragazzi con fischi, et altri frutti in faccia, hebbe per bene salvarsi dentro il Carmine e di là per mare con feluca fuggirsene. Di ciò havuto notitia Sua Eccellenza, vi mandò don Tiberio Caraffa principe di Bisi-gnano molto amato dal popolo, acciò vedesse di metterlo in dovere ; ma non fu possibile persuadercelo, anzi, preso maggior coraggio, parte si condusse alli altri posti di gabelle, e li distrusse collo squarcio et incendio dei libri, e parte, con canne e bastoni alla mano, si portò a palazzo con gridi di sollievo delle troppo alte oppressioni. Il signor Viceré che, vedendo gente scalza et imbelle di piccoli figliuoli tumultuare, credeva poterla domare colle buone pa-