514 il nemico che non poteva credere a principio a tanta fortuna, entratovi sfogò la sua vendetta sugli abitanti di rito latino, e dichiarò non altro culto tollerarsi quind’ innanzi che il greco. Quanto dolore recasse a Venezia l’infausta novella, è facile imaginare ; tuonava nel Senato Pietro Garzoni contro il decadimento degli ordini militari, contro la disobbedienza di molti, la timidità di altri, non essere a sperare migliori sorti, finché non si rimettesse nell’ armata la disciplina, non si riformasse la consulta marittima, non si sce- memoria mia dopo la morte. Pretesto a Dio, alla Patria diletta e sempre fedelmente servita et ad ogni uno dei miei concittadini che io sono stato e sono innocentissimo di tutte l’imputationi per le quali mi trovo obbligato alla carcere, niuna eccettuata. Protesto che in cadaun impiego publico nel corso intiero di mia vita, così in terra come sul mare, ho sempre avuto unicamente in cuore il buon servitio e vantaggio della patria, l’incremento della religione e la gloria di Dio. Non ha prevalso in me alcun amor di me stesso o altro privato riguardo, ma ho del continuo operato senza timor de’ pericoli e senza verun risparmio di vigilie, di fatiche e di vita mai curata, anzi sempre desiderati e provocati gl’incontri di sagrificarla come è pienamente noto in ogni fortezza e città della Terraferma, della Dalmazia, del-1’ Albania, del regno di Morea, nell’ isole e in armata dove ho comandato per la mia Serenissima Repubblica. Hebbero principio i miei militari sudori il 1645 nell’ età di 17 anni, ardendo la allora insorta invasione memoranda nel Regno di Candia e gli ho continuati anco nella presente sacra guerra contro l’Ottomano. Dell’ aver io servito non senza frutto in occasioni sì famose e sì grandi, n’ han fatto già onorate testimonianze nelle pubbliche historie le penne dei più insigni scrittori. La stessa patria con aggradimento generoso mi ha di suo spontaneo moto insignito con spetiosi decreti et appoggiate tutte le cariche di generalati che ho sostenuti per pura obbedienza e così ultimamente la suprema di capitano generai da mar. Nell’esercitarla non sono stato da me diverso, benché Iddio abbia permesso per i miei peccati, che pochi testimonii d’ inesperta cognitione, interessati e mal affetti per corretioni e castighi da me riportati, habbino adombrato appresso l’eccellentissimo Senato la purità di mie operationi innocenti. Hanno però a quest’ora attestata la mia difesa 1’ eccellentissimo sig. generale in capite barone di Stenò, tutt’ i generali, tanti comandanti et officiali militari, prelati, religiosi, capitani delle navi et altri onorevoli soggetti del-' .ar™ata, delle città e provincie del serenissimo dominio in numero di più centinaia di persone, stati tutti in quell’ampio teatro di guerra,