223 dusse contro il Consiglio dei Dieci ; ricordavasi il fatto recente del Foscarini, la liberazione del Maffetti, la parzialità evidente negl’ interessi del doge ; dicevasi non doversi più tollerare un Consiglio che rendevasi colpevole di tali esorbitanze, ricercavansi tutte le antiche leggi che ne limitavano il potere, e lo facevano subordinato al Maggior Consiglio ; finivasi col dire essere necessaria, indispensabile una riforma, tutti gli altri Consigli venire di quando in quando corretti, sottoposto alla correzione lo stesso Maggior Consiglio, e perchè non potersi credere che anco il Consiglio de’ Dieci possa essere caduto in abusi che faccia uopo di togliere ? Ciò dover riuscire di benefìcio alla Repubblica, anzi allo stesso Consiglio de’ Dieci, il quale corretto, sarebbe più durabile ed in maggior stima, poiché le cose del mondo han bisogno per mantenersi d’essere alcuna volta ridotte ai loro principii, e quando più si crede sien lontane dagli abusi, tanto più sono in venerazione. In ciò tutti convenivano, non così però quanto a decidersi, quali avessero ad essere codeste riforme. Sostenevano alcuni che il Consiglio dei Dieci essendosi assunta quasi tutta la giudicatura delle cose criminali avea operato contro il fine della sua istituzione, e però esser necessario restringerlo entro i limiti assegnatigli dalla legge del 1468. Altri invece, considerato quanti inconvenienti -seguirebbero se nobili e persone d’autorità e molti delitti gravi oltre ai nominati da quella legge fossero giudicati da altro tribunale che dai Dieci, esponendo colla pubblicità del giudizio tutta la classe dei nobili e reggitori dello Stato ad un funesto disdoro e avvilendoli in faccia al popolo, dicevano che non occorreva restringere entro a brevi limiti la giurisdizione di quel Consiglio, ma che altre correzioni facessero uopo, tra le quali alcuno ricordava, che sarebbe bene per l’avvenire escluderne la persona del doge, o almeno