146 uovo 1’ ambasciatore più vive che mai le sue istanze, accennando che se qualche inconveniente succedesse sarebbe poi impossibile rimediarvi e potrebbero derivarne gravissime conseguenze ; essere egli del resto affezionatissimo alla Repubblica in cui servigio darebbe perfino la vita. In questo discorso che mostra quanto grande fosse lo spavento dell’ ambasciatore per quel movimento popolare, certo assai minaccevole, che vedea dalle sue finestre, come non riconoscere altresì l’uomo tutt’ altro che tranquillo nella sua coscienza, 1’ uomo che sente anzi quanto questa lo rimorda e cerca con l’ipocrisia e con false proteste coprire la sua colpa ? Come ammettere la sua scusa del dare lettere di favore e raccomandazione a chiunque senza pur vederlo, alla sua asserzione di non aver mai dato ascolto a siffatta gente, quando nel medesimo tempo contraddicendosi confessa di aver dissuaso quel tale che era venuto per comunicargli suoi disegni circa ad un maneggio a Costantinopoli ? Quand’ anche non s’ avessero altre prove, basterebbe il linguaggio da lui tenuto al Consiglio, incerto, pauroso, da picchiapetto per manifestare quanto addentro ei fosse nella cospirazione. Ma oltre a questo, oltre alle dichiarazioni dei colpevoli, oltre ai tanti avvisi da varie parti, viene a togliere ogni dubbio la copia d’ una sua lettera al-l’Ossuna in data 6 gennaio 1618 (1) nella quale fra altre cose a carico della Repubblica scriveva, mostrare l’esperienza il poco conto in che si debbono avere le armate veneziane, e tenersi per cosa certa « che con le squadre di galee di Napoli, di Sicilia e alcune altre si potrebbe non so- lo venir in golfo ma sino alla città se occorresse e con poco stento ridurre questa gente allo stato che merita e come conviene alla sicurezza della religione e alla quiete d’Italia e di tutta la Cristianità ». (1) Comunicate del Cons. X.