439 dopo tante e sì clamorose sconfìtte, onde al solo apparire di essa si dava alla fuga ; che agitati erano gli Ottomani dalle discordie, tumultuare ad ogni tratto le milizie, solo per forza lasciarsi i sudditi trascinare alle barche, il vezir uomo sagace or tentare di divagare gl’ interni malumori col volgersi a nuove e più felici imprese nella Transilvania. Non esser dunque questo il momento di cedere Candia, non essere questo il momento di farsi quasi incontro al Turco, e perdendo ad un tratto l’isola e il prezzo di tanti pericoli e di tante fatiche e sagrifìzii, portare a’ suoi piedi le difese del Mediterraneo e le chiavi d’Italia». Non fìa mai vero, sciamava, che fiaccamente si rinunzi alla dominazione d’un regno sì forte, irrigato dal nostro sangue e al possesso d’una città sì cara dove nei tempii del vero culto sor* venerate le ceneri sante dei martiri, le imagini sacre dei numi, e oltre ciò vi sono i sepolcri dei nostri maggiori, e in ogni parte inscritti i nomi, appese le insegne, le memorie di noi medesimi (1). « Non perciò rifuggir egli dalla pace, ma sia una pace onorevole, tentisi pure, ma con altre condizioni, la cessione di quell’ isola, la quale già tante fatiche, tanti tesori, tante vittime avea costato ; se i progenitori aveano ceduto Cipro ed altre isole, ei fu perchè disperata del tutto n’ era la conservazione, e perchè loro rimanevano altri regni, altri posti avanzati contro 1’ Ottomano, ma ceduta Candia cosa rimanere, quale antemurale alle future invasioni ? Giacché non è a credersi che il Turco ottenuta Candia perciò si acquietasse, sarebbegli anzi allettamento a nuove pretese, a nuove conquiste. Lasciare ora a mezzo l’impresa esser troppa vergogna, poter ancora mutare le sorti, i principi d’Europa venuti finalmente a pace fra loro avvede-rannosi forse di quanta importanza sia il sostenere effica- (!’) Nani, Storia della Rep. Veneta, II, 468.