205 non dell’elezione di un capitano all’uffizio della legna, tutto adontato disse che lo si era fatto chiamare per assistere all’elezione d’uno sbirro, che volevasi abusare della sua pazienza, ma che pur trovandosi colà, da dove volontariamente si teneva lontano, era necessitato a dire che erano furbi e tristi quelli che si erano espressi lui non contentarsi di essere privato cittadino. E così detto si parti. Il doge trovavasi presente ; il fatto fu riputato un’offesa al capo supremo dello Stato, e raccoltosi il Consiglio de’ Dieci fu intimato allo Zeno di comparire entro otto giorni alle prigioni de’ Capi di quel Consiglio per render conto delle parole ingiuriose da lui proferite. Zeno non si presentò e fu quindi bandito dalla città di Venezia, dal dogado e da tutto lo stato di Terraferma, con tal condizione che presentandosi entro un mese fosse rilegato per un anno a Palma. Continuava una gran parte della città a proteggerlo, dicendo essere le succedute alterazioni tutta opera dei suoi nemici che volevano la sua perdita, e l’aveano a bella posta provocato ; nel tempo stesso eh’ egli, dichiarando invalida quella sentenza perchè illegalmente fatta, continuò a restare tutto il mese nella sua abitazione. Avendo però saputo che il Consiglio de’ Dieci era per procedere altresì contro il Da Mula suo avversario, scrisse al Consiglio domandando di essere ascoltato, ma la scrittura non fu ammessa siccome fuor di tempo, e proveniente da reo espedito e dopo la sentenza. Egli partì infine per Palma, e del Da Mula non si parlò altro. In luogo dello Zeno fu fatto consigliere Bertucci Contarini suo suocero. La città restò male impressionata contro il Consiglio de’ Dieci, e più che mai favorevole a Zeno. Avvenne a quel tempo che papa Urbano Vili eleggesse cardinale monsignor Federico Corner figlio del doge, il che era evidentemente contrario alle leggi che vietavano