483 tutta la Cristianità ; 1’ Ungheria fu a poco a poco di nuovo sottomessa ; Tekel chiamato dal pascià di Varadino, e accagionato dei disastri delle armi ottomane, fu mandato in catene a Costantinopoli. Spettatori non indifferenti di cotesti avvenimenti erano stati i Veneziani, sebbene all’invito dell’imperatore di aderire alla lega, destramente si scusassero, adducendo la guerra di Candia ancor recente, le immense spese sostenute, i bisogni del commercio che giustificavano pienamente la loro prudenza. Ed invero solo il desiderio di non avventurarsi ai rischi e alle spese d’altra guerra faceva loro dissimulare, e anche con qualche sagrifizio sopire parecchi motivi di disgusto che di quando in quando insorgevano. Così fino dal 1682 pretendendo i Turchi avessero i Veneziani sottratto alcuni schiavi, si permisero una visita sui loro navigli senza curarsi delle rimostranze del Bailo che invocava il rispetto dovuto alla bandiera ; poi avendo i Mor-lacchi ripigliato le loro incursioni nelle terre turche, ai lamenti e alle minaccie della Porta credette il bailo Donato poter dare soddisfazione colla promessa di ducento mila reali. Spiacque ciò sommamente al Senato, nè potendo esimersi dall’ adempimento della promessa richiamò il bailo e lo sottomise a processo ; ma uscivane assolto, avendo mostrato la necessità che a quei patti avealo condotto. Continuando intanto la guerra in Ungheria, sempre accompagnata dalle vittorie degl’ imperiali, non cessavano il papa, l’imperatore e il re di Polonia di eccitare la Repubblica affinchè volesse anch’ella entrare nella lega a difesa comune della fede, della libertà e della civiltà. Le cose per le suaccennate vittorie erano molto cambiate, e tutto ormai prometteva il buon successo, e di poter finalmente fiaccare quella potenza tanto fin allora formidabile, onde ai Veneziani il restarsene addietro neghittosi poteva essere pregiudice-