202 guardi, del che non è a dirsi quanto quegli levasse lamento. Insomma le cose s’aggravarono per modo, che ad istanza anche di Roma parve necessario il richiamo dello Zeno. Fu molto agitata in Senato la questione, parendo ad alcuni che fosse bene il farlo, poiché qualunque ne fosse la causa, ad ogni modo appariva che col mezzo suo nulla di buono sarebbesi potuto ottenere a Roma ; altri invece opponevano essere di pessimo esempio richiamare un ambasciatore ad istanza del Principe presso al quale risiedeva, perchè in tal modo s’insegnava ai pubblici rappresentanti a procurare piuttosto la soddisfazione dei principi esteri che del proprio Governo, e difendevano lo Zeno con addurre la verità delle cose che avea scritto e l’integrità di lui, per la quale avea sempre sostenuto il pubblico decoro, nè potuto tollerare gli abusi dei prelati, che i suoi predecessori per maneggi aveano lasciato correre. Dopo lunga discussione fu finalmente accettato lo spediente che vertendo allora col papa altra questione circa al fiume Po, si eleggesse a questa faccenda (cui venivasi per verità a dare maggior gravità che pel fatto non comportava) un ambasciatore straordinario nel cavaliere Girolamo Soranzo incaricato di trattare su questo proposito col papa, senza per altro mutare l’ambasciatore. Ciò fu assai mal sentito nel generale, e tal maneggio veniva comunemente attribuito ai nemici dello Zeno, infaticabili nel cercar la via di abbatterlo, e di allontanarlo dalle pubbliche faccende. Spirato intanto il tempo della sua ambasciata, lo Zeno tornò in patria festeggiato dai suoi amici, tra' quali Gio. Antonio Yenier indirizzavagli una lettera di congratulazione in cui lodavalo del suo amore al pubblico bene, tanto da lui al proprio comodo anteposto che anzi nel servigio pubblico profondeva il proprio patrimonio, e gli dava vanto che per difendere il giusto e 1 onesto non avesse sfuggito di procacciarsi nemicizie, in