373 gione facevansi preghiere, limosine, voti, nulla intralasciando di quanto potesse rianimare il popolo e confortarlo di liete speranze. Ma mentre in Venezia tanti sforzi si facevano per potere con ragguardevoli forze ricuperare il perduto e respingere il nemico da Candia, s’inacerbivano in questa più che mai le discordie tra i capitani, e principalmente tra il Gonzaga ed il La Vailette, dal che veniva lentezza e disaccordo nelle operazioni, consumandosi la milizia in lievi fazioni, e per lo più con mal fine, perchè sinistramente interpretati i comandi e mal volentieri posti ad effetto. Veniva intanto la primavera, e il capitano Girolamo Morosini (1) avvisava avere spedito Tommaso Morosini suo parente con ventitré navi verso il Tenedo per impedire, com’ erasi offerto, 1’ uscita della flotta dai Dardanelli, incomodar la città stessa di Costantinopoli col toglierle le vettovaglie, e metter grosse taglie alle isole e terre turohe. A quella volta dirigevasi infatti il Morosini, e colloca-vasi in modo da chiudere colle sue navi quel passaggio, ma i Turchi rinforzatisi fino a sessanta galere e quattro maone, e minacciati fortemente dal Sultano se non uscissero, profittato d’un giorno di calma, uscirono a voga arrancata verso l’isola di Scio, mentre il Morosini stando immobile per la bonaccia a Capo Gianizzero non potea nè impedirli, nè perseguitarli, ma solo dovea limitarsi a seguirli e ridursi a proteggere l’isola di Tine per poi unirsi al Capitan Generale. Intanto il bascià con buon vento di tramontana approdava felicemente in Canea e la provvedeva di truppe e munizioni, non impedito dal capitano generale Giovanni Cappello che sebben fornito di buona flotta, vecchio com’era di settantacinque anni, inesperto nella milizia, tepido nei con- (1) Dispacci Provv. generali da mar, 16 marzo 1646. »