551 fa ricordo siccome atta a dare una idea delle dovizie veneziane, anche dopo una guerra tanto disastrosa, quanto fu quella di Candia (1). Più modesto e firn d’ allora men frequentato era il teatro delle commedie, ma di maggiore importanza storica, perchè i drammi in musica ci sono testimonii di ricchezza e di squisiti artificii, le commedie ci fanno penetrare addentro nella società di cui sono il ritratto, ci svelano i suoi costumi, le abitudini, i modi. Le commedie che si rappresentavano in Venezia ad imitazione di quelle di Plauto e delle italiane del Macchiavelli, dell’Ariosto ecc., ci presentano una singolare idea d’ una società, della quale le nobili e ben allevate donne (giacché le fanciulle non comparivano allora mai nei teatri) e gravi patrizi! potevano prender diletto a tante laidezze e si sconcie burle e a un tal parlare da trivio. Mogli impudiche, mariti beffati, fattucchiere chiamate a preparare filtri amorosi, superstiziose composizioni di belletti e per tingere ad oro i capelli, cortigiane e loro ministre, servi e serve ravvoltolati nel lezzo d’ogni bruttura e pronti ad ogni scellerata opera, rapimenti di donne maritate e di donzelle, pedanti filosofi che parlando un gergo misto di latino s’invescano al paro degli altri nelle panie degli amorazzi, e gondolieri, e birri, e bravi, e ladri, tali sono i viluppi e i personaggi che ci presentano quelle commedie, precedute sempre dal prologo diretto a procacciarsi 1’ attenzione degli spettatori (2). La venuta di principi forestieri era sempre occasione di feste straordinarie in cui i Veneziani mettevano ogni im- (1) Parecchi patrizi veneziani si dilettarono di scrivere drammi per musica e di musicarne, vedi Allacci. (2) Yedi oltre alle commedie citate nel t. VI, p. 468 anche quelle di Lodovico Dolce e di Gian Francesco Loredan : il Bigonzio, l’Incendio, la Malandrina ecc.