18 clesiastici, ma l’esazione venir fatta da uno del clero, e quella loro contribuzione esser giusta, dacché quel magistrato estendeva i suoi miglioramenti anche ai terreni delle Chiese. Ma quando il granduca volle danari da quel magistrato per accomodar fortezze e muraglie, fu avvertito esser ciò contrario alla volontà del Pontefice e ai privilegi del clero ed egli avea fatto restituire il tutto con molta pietà, la quale considerazione or pure, esso nunzio, raccomandava al doge nel presente negozio ». Rispondevagli però il doge : « Noi non sapemo quello che faccia il granduca di Toscana, nè dobbiamo governarci con le ationi degli altri principi ; la Repubblica si governa con gli ordini suoi et la ragione vuole che se il clero è protetto e difeso, eh’ essi ancora contribuiscano alle spese che si fanno per la sicurezza loro, ma come habbiamo detto, rimettemo questo negotio alla consultatione di questi signori ». Così le cose sempre più inacerbivano ; il nunzio scriveva ai rettori di Brescia e la Signoria molto se ne sdegnava come di cosa non mai fatta per 1’ addietro e contraria al sistema del veneziano governo per mezzo del quale aveansi a trattare tutt’i negozii e al quale era aperto l’adito ad ognuno che volesse far intendere le sue ragioni. Il Senato molto risentitamente di tutto ciò informava il suo ambasciatore Agostino Nani a Roma (1), Nè era nuova codesta volontà della Repubblica che il clero avesse a sottostare alle pubbliche gravezze, e le disposizioni relative risalivano fino al secolo XIII ; come altresì persuasa di dover invigilare che gli edi-fìaii dedicati alla religione non si aumentassero fuor di modo con pregiudizio non solo dello Stato ma della religione stessa, avea il 10 gennaio 1603 rinnovato le prece- (1) Deliberazioni Roma 19 febb. 1604/5, p. 121.