429 Nella narrazione di questa lunga guerra, ci avverrà forse talvolta di ripeterci, ma la natura stessa della cosa porta a doversi tutto il racconto aggirare sopra due grandi principalissimi fondamenti : il valore, gli sforzi, i sagri-ficii dei Veneziani da un lato, l’indifferenza dell’ Europa dall’ altro. Della quale ¡^differenza non andarono esenti neppure i papi, i quali anziché scorgere nella causa di Venezia la causa della Cristianità, anziché primi concorrere cogli eccitamenti ai Principi, cogli sforzi proprii alla comune salvezza, o non davano o assai scarsi gli aiuti e per lo più in cambio odi rinunzie di antichi privilegi o per nuove concessioni. Così fin dal tempo di papa Innocenzo X aveano avuto i Veneziani a sostenere disgustosa vertenza per le nomine dei vescovi, le quali nei secoli addietro erano state di specialità del Senato, che poi presentava l’eletto al papa per la conferma. In appresso per condiscendenza tacita della Repubblica era passata la proposizione nei cardinali, sempre però veneziani. Ma ora Innocenzo, vacando alcuni vescovati nello Stato veneto, voleva trasferirne la nomina anche nei cardinali forestieri, promettendo dal canto suo validi soccorsi nelle cose della guerra. Di qui grande scalpore nel Senato che vedeva sempre più compromesse le sue antiche prerogative, e che non di meno per non incorrere nella taccia di aver per ostinazione pregiudicato alla causa comune della Cristianità, volle anche questa volta consentire a rimettere la cesa nel Pontefice, il quale soddisfatto nel punto della sua inchiesta, fece nel Concistoro la nomina al Vescovato di Verona, ma le altre lasciò al cardinale veneziano Ottoboni. I promessi sussidii però si facevano lungamente attendere, e venivano stentatamente, adducendo sempre il papa la povertà dell’ erario, in fine concesse una decima straordinaria sul clero veneto, e una leva di due mila uomini nei suoi Stati.