508 e benedetto lo stendardo ducale ; indi cantato l’inno di grazie, la processione uscì col medesimo ordine dal tempio e fece il giro della piazza ornata straordinariamente di archi trionfali e d’ altri abbellimenti, accalcata di gente, piene le finestre e i poggiuoli, occupati da popolo plaudente fiuo i tetti. Il medesimo spettacolo presentava l’indomani tutto il lungo spazio dalla Zecca all’ ultimo angolo di Castello per l’imbarco del doge, nel mentre che la circostante laguna era coperta di galee, di navi, di ogni sorta di bastimenti tutti pavesati, tutti salutando collo sparo delle artiglierie e colle grida di viva il principe e capitano che ascendeva nel sontuoso bucentoro tra una folla indescrivibile di gondole piene di dame e cavalieri, di cittadini e forestieri. Arrivato al Lido mosse il doge nel tempio di s. Nicolò ad orare, poi ascese nella galea destinatagli, accompagnato dai due consiglieri, da Francesco Mocenigo suo luogotenente, da Andrea Pisani commissario pagatore e Roberto Pappa-fava suo commissario e cogli altri nobili in armata. Il naviglio sciolse le vele, ed il doge raggiunse dopo pochi giorni Malvasia, ove trovavasi raccolta la flotta. La esperienza degli anni scorsi avea però ammaestrato i Turchi, i quali aveano fortificato Canea e Negroponte, per modo che ogni tentativo contro quei luoghi parve aver a riuscire infruttuoso. Attese pertanto Morosini a rinforzare le guarnigioni delle piazze di Morea, e specialmente quella dell’ istmo di Corinto che vi conduce, volea poi dirigersi ai Dardanelli ma ne fu impedito dai venti contrarii ; diè la caccia ai pirati di Algeri, e alla notizia dell’avvicinamento del seraschiere di Livadia accorse alla difesa di Corinto. Nè andò a terminare la campagna senza alcuni acqtiisti, come del-l’isola di Coluri o Salamina, di Spezia e di Sidra, opportune a sempre più assicurare la tranquillità della Morea. Fatte tutte queste cose si ridusse Morosini a Napoli di Ro-