210 che ove trovassero trasgressione, dovessero di quella ammonire il Serenissimo Principe, che però avendone egli trovato alcune, veniva a fare il debito suo ; e, tratta una carta, disponevasi a leggere. Ma volendo il doge che parlasse, e lo Zeno insistendo sul leggere affinchè le sue parole non fossero, come altra volta era avvenuto, alterate, nacque grave alterco, quindi il doge disse non ci esser bisogno di ammonizioni mentre le avea prevenute, e che del resto la legge voleva che qualunque ammonizione si facesse soltanto in presenza dei Capi del Consiglio dei Dieci, e non di un solo di essi, e che per conseguenza non lo voleva ascoltare. Lo Zeno si fece allora a pregare il doge che di grazia volesse stare sottoposto a quanto imponevano le leggi, e non lo lasciasse partire senza ascoltarlo. Il doge si volse ai Consiglieri per averne l’appoggio e decidessero se avesse ad ascoltare un Capo del Consiglio dei Dieci solo che venisse a leggergli una scrittura. Ma lo Zeno protestò loro che non facessero cosa alcuna, perchè non aveano autorità d’ingerirsi nella Promissione ducale, e il doge allora : « Pazienza ! sig. Cavaliere, noi non meritavamo da voi questo travaglio, che siamo vostri parenti ed abbiamo favoriti i vostri interessi in tutte le occasioni. » Alle quali parole lo Zeno gittandosi in ginocchio disse: « Io prego Vostra Serenità per l’amor di Dio in questa maniera. » Ma il doge già levatosi dalla sua sedia, s’avviava per andar in Pregadi e già s’erano aperte le porte e chiamati dentro i camerieri, quando nell’atto di alzar la portiera, tornando indietro disse: che benché sapesse non essere in obbligo, voleva però per la quiete pubblica ascoltarlo, acciocché non vi fossero nella patria disturbi per sua cagione, E così postisi tutti di nuovo a sedere, Gaspare Spinelli secretario del Consiglio dei Dieci incominciò a leggere l’ammonizione seguente : « Comparisco io Renier Zen Capo del Consiglio dei