484 vole alla fama e a’ propri interessi. Tuttavia gli uomini più maturi e prudenti insistevano ancora non dovere la Repubblica, appena uscita da sì lunga e rovinosissima guerra come era stata quella di Candia, avviluparsi in una nuova che terminerebbe di estenuarla per l’interrompimento dei commerci, per le gravezze esorbitanti, mentre debole compenso sarebbe il riacquisto di alcune poche terre coi sudditi diradati, impoveriti ; meglio essere invece profittare della pace per ristorare l’erario, ben munire le piazze, provvedere alle fortificazioni, rendere la Repubblica rispettata e temuta. Non così però la pensavano gli uomini più fervidi i quali dicevano, la pace attuale non aversi a considerare come pace, ma appena come mal sicura tregua, continuamente interrotta da sempre nuove emergenze ; essere stato or mai anche troppo avvilimento quello di cercare di tener lontane le armi a forza d’oro ; ciò rendere il Turco sempre più ardito, sempre più insolente, il quale sciolto dalla guerra d’ Ungheria, seguita la pace cogl’ Imperiali, poco tarderebbe a piombare con tutte le sue forze sulla Repubblica, non atta certamente a sostenerne il pondo, priva affatto, come sarebbe, d’ ogni speranza che l’imperatore ed il re di Polonia volessero aiutarla dopo il suo rifiuto della lega, e in grazia di lei riprendere le armi appena segnata la pace. Non doversi, diceano, lasciar isfuggire l’occasione non più presentatasi per 1’ addietro quando Venezia ai reiterati suoi inviti alle forze d’ Europa, trovava sorde le orecchie ; ora invece eccitata, pregata, come rifiutarsi senza nota di viltà, senza venir meno alla sua antica e sempre adempiuta missione di combattere per la fede e per la civiltà ? I Turchi altre volte potenti e terribili essere al presente abbattuti e fuggitivi, confuso il governo, morto il vezir, perdute le migliori milizie ; incalzati da due potenti monarchi non restar dubbio di riportarne una piena, decisiva vittoria, e al segnar della