201 ne. D’indole franca e fiera avea disgustato molti della nobiltà, tra gli altri Nicolò Dolfin, soggetto di molte aderenze, e la famiglia Donato, avendo parlato con grande calore contro Antonio Donato ambasciatore a Torino, caduto in colpa di abuso del danaro pubblico. Da Roma avea egli accusato il cardinale. Dolfin di ricevere stipendi da Francia, e di voler per se occupare gran parte del palazzo di s. Marco con non poco disagio dell’ambasciatore (1) ; scrisse altresì contro alcuni nascostamente contrarii agl’interessi della Repubblica, e così volendo egli sostenere in quella corte la dignità del suo Governo e togliere gli abusi, incorse nell’odio di tutti quei nobili veneziani che avendo interessi nella romana curia venivano chiamati papatisti, ed erano delle prime case di Venezia. Specialmente erasi acquistato l’odio del cardinale Ludovisio (2), nipote del Pontefice, il quale nella controversia per gli affari della Valtellina, o mal insinuato dagli Spagnuoli o per altra causa che si fosse, mostravasi avverso alle proposizioni della Repubblica e della Francia, e so-pratut to inasprito del non poter ottenere dalla Repubblica la badia di Brescia (3), incolpavane lo Zeno e tanto avealo i11 uggia che cominciò perfino a mancargli dei dovuti ri- (1' Deliberazioni Roma 7 agosto 1621, p. 86, all’Archivio. (2) 26 nov. 1622, ibid. e dispacci. (8) 26 Nov. 1622, il doge, chiamato il Nuncio, gli dimostrò il dispiacere di non poter contentare il papa ; circa poi alle lagnanze del cardinale Ludovisio contro l’ambasciatore soggiungeva: « che siccome da esso ambasciatore non tenemo avviso alcuno sopra di ciò, così anche devesi presupporre non averà egli stimato di aver proferito parola che possa offender sua sig. illustrissima che sa tanto essere amata da noi et se per aventura nelli negotii che gli accade di trattare, con qualche ardenza si viene maneggiando per ben ese- fuire le commissioni nostre della maniera che gli sono date, ciò non ev’essere in mala parte interpretato, ma sì bene attribuito al zelo ben dovuto da tutti li ministri negli affari de’ loro principi » (Deliberazioni Roma). Ma poi scrivendo al Zeno gli raccomandava di usare più moderazione. Vol. VII. 36