433 Allestita nuova e poderosa flotta vi nominò eapudan ba-scià Topal delle cose marinaresche espertissimo, spiegò lo stendardo del Profeta, e apparecchiava si a grandi imprese. A prevenir le quali il capitan generale veneziano Lazzaro Mocenigo volgeva per la mente grande e meraviglióso disegno, passare lo stretto, distruggere la flotta turca, penetrare. fino a Costantinopoli. Cominciò dal riportare luminosa vittoria sulla squadra di legni barbareschi incontrata a Scio, dopo furioso combattimento, in cui grande fu la preda, ma più grande la gloria, e il senato a degnamente ricompensare il Mocenigo il promosse alla dignità di Procuratore di s. Marco. Del che sempre più animato si volse ai Dardanelli per dar opera a quanto si era proposto. Disponeva ogni cosa per modo, che mentre sedici navi battessero furiosamente i castelli, egli colle galee a forza di remi trapassando potesse penetrare fino a Costantinopoli, ove mentre il vezir e l’esercito erano lontani, disegnava apportare tale confusione e spavento che valessero a produrre strani accidenti e impensati vantaggi. Stava colà non solo come al solito numerosa la flotta turca, ma accampava altresì lungo le coste il vezir con cinquantamila soldati ; onde ogni sbarco de’ Veneziani per provvedersi d’ acqua era accompagnato da micidiale zuffa. Ma facendo pur uopo provvedersene in copia per la divisata impresa, il Mocenigo mandò le galee a fornirsene ad Imbro. Sciaguratamente trattenute da venti contrarii furiosissimi non poterono tornare così presto come sarebbesi richiesto, e le navi stesse nel Canale fortemente agitate si videro trasportate alla parte dell’Asià, rimanendo di qua alle parti d’Europa solo la capitana con una o due altre. Non poteva il Mocenigo coll’ardor suo domar la furia del mare, nè vincere contr’ esso la prova, e i Turchi attenti ad ogni vantaggio, approfittarono di quella congiuntura che teneva le galee lontane per dare 1’ assalto. Era la mat-Vol. VE. 55