204 blico rifiutare il danaro che era portato e del quale si aveva giornalmente bisogno ; i privati meritar compatimento in quei tempi in cui erano tanto aggravati ; che non era credibile che alcuno volesse deliberatamente correr pericolo di cadere in pena per ritardo di pagamento, ma ciò solo per la necessità accadere ; che infine se vi era qualche legge che ostasse al ricevere quei denari, egli come Consigliere per tre giorni la sospendeva. Parevano gli altri acquetarsi, ma Giovanni Da Mula, uno dei Savi del Consiglio, levandosi disse : Insamma egli le vuol vincer tutte; bisogna contentarsi di essere privato cittadino. Del che Zeno risentendosi, sommamente irato riprese : che bisognava provedere che i Consiglieri, i quali sono la stessa Serenissima Signoria, possano consigliare liberamente quello che sentono pel servigio pubblico, senza essere ingiuriati dai Savi del Consiglio, che altro non sono, se non loro ministri ; e eh’ egli non verrebbe più in Collegio se non fosse fatta tale provvisione. Il Consiglio quel dì si sciolse senza venire a deliberazione, e lo Zeno nei seguenti giorni mantenne quanto avea dichiarato, astenendosi dall’ intervenire. Dopo alquanti giorni il cav. procuratore Antonio Nani, savio di Consiglio di settimana, credendo si fosse calmato, lo fece chiamare a nome del doge Giovanni Corner ed egli obbedendo, si recò al Consiglio, ma vedendo che il doge nulla gli diceva, e che non si trattava di cosa alcuna d’importanza che avesse potuto far richiedere la sua presenza, si levò in piedi e disse che stava attendendo che cosa Sua Serenità avesse a comandargli essendo venuto a suo invito. Risposegli il doge che non l’avea punto fatto chiamare, e il Nani dichiarò che era stato chiamato per suo ordine onde vi fosse il numero dei Consiglieri necessario per 1’ elezione che avea a farsi di qualche carica. Allora Zeno trovando che non si trattava se