436 un momento di silenzio, di quiete dall’una e dall’altra parte più tremendo ohe lo stesso precedente fracasso. Ogni tentativo di più oltre avanzare fu abbandonato, ogni cura fu volta a raccogliere gli avanzi dell’incendiata nave, lo stendardo, il fanale, le scritture, i danari, ma più di tutto il cadavere del generale. Francesco suo fratello fu tratto semivivo dall’ acqua, e così alcuni altri pochi, nel che princi-pal merito si deve al cav. Avogadro di Treviso che spiegò in quest’ occasione un coraggio veramente eroico. Più di cinquecento rimasero morti, e tra questi Costantino Mi-chieli, Matteo Cornaro, Tomaso Soranzo e Giovanni Balbi. Tale fu la battaglia, che sopra ogni altra delle precedenti famosa, sebbene tutte in quel sito combattute fossero state illustri, fu detta di preferenza la battaglia dei Dardanelli ; tale fu la fine di Lazaro Mocenigo che per 1’ occasione e pel luogo non poteva essere più celebre, ma nel timpo stesso più deplorabile, poiché per essa cambiarono si può dire totalmente gli eventi della guerra. Si pensi un momento il disegno riuscito del Mocenigo, s’ imagini la flotta veneziana sotto le mura di Costantinopoli, quanti e quali accidenti non potevano seguire, come cambiar potevano ad un tratto i destini nonché di Venezia, ma di tutta Europa ! « Nel corso della vita privata, scrive il Nani, parlando del Mocenigo, egli era passato per varii e diversi accidenti ; poi con saggi di sommo valore portato quasi di volo all’ apice delle dignità militari, trasse a sé gli occhi e l’applauso del mondo, stimato da tutti, amatissimo delle milizie, temuto dagl’inimici, intrepido ne’ pericoli, fortunato nelle battaglie, giustissimo nel governo. Ciò che agli altri prudentemente ordinava, egli stesso arditamente eseguiva. Non perdonando nalla militar disciplina le colpe leggiere, ed inflessibile contro 1 codardi, altrettanto generoso coi più bravi si dimostrava. Al coraggio credeva che tutto cedesse e che la na-