444 rono una fondura ohe a guisa di larghissimo fosso dava sfogo alle acque scendenti dai monti e attraversava la strada. Non essendo quella iondura stata preavvertita, la linea e l’ordine de’battaglioni nel passarla si scomposero alquanto. A ciò si aggiunse che l’ala sinistra vincitrice in uno scontro gittossi disordinatamente sul campo turco a saccheggiare; gli altri, sordi agli ordini dei generali, seguirono 1’ esempio, ed i Turchi veduto dall’ alto lo scompiglio, calarono benché in numero di soli trecento cavalli, e dando addosso all’ impovviso ai primi che incontrarono, li misero in rotta. I fuggenti gridando : Turchi, Turchi sparsero tale terrore tra i compagni che non fu più possibile ritenerli, fu una fuga generale ; gli altri Turchi che, ciò prima credendo uno stratagemma, esitavano, rassicurati voltarono faccia e si diedero ad inseguire quelli da cui poco prima erano stati inseguiti, e che fuggendo non s’arrestarono se non quando fùrono entro alle mura della città. Allora rientrati in sé e vergognosi volevano l’indomani uscire a nuovo conflitto ; ma intanto era arrivato il bascià colle sue genti, s’intese di grosso soccorso pervenuto alla Cunea, e fu uopo per allora abbandonare il pensiero d’una nuova sortita. Nelle truppe francesi si diffusero per giunta le malattie, onde per far loro mutar aria fu stimato necessario mandarle nelle isole greche, e in una di esse, a Paros, morì il principe Almerigo d’Este nel fior degli anni, e del quale tanto di bene ognuno erasi ripromesso. Ebbe solenni funerali a Venezia, monumento nella chiesa di santa Maria Gloriosa dei Frari. Così a nulla giovò il soccorso francese, come a nulla quello di duemila tedeschi mandati dall’ imperatore, giunti troppo tardi, e quando ornai la stagione avanzata non dava più campo ad imprese di rilevanza. Del fatto accaduto chi incolpava 1’ uno, chi 1’ altro. Il capitan generale Morosini accusava il Proveditor dell’ armata Antonio Barbaro d’ aver controperato a’ suoi