215 onde venne in nomina di gran bontà e religiosa devozione. Ma tanti trionfi aveano a costargli assai cari. Era la sera del 30 dicembre 1627 alle ore cinque, e mentre lo Zeno si tratteneva sotto il portico della Carta ove attendendo la sua barca, parlava col suo collega Pietro Sagredo, venne improvvisamente assalito da cinque sconosciuti, e maltrattato con diversi colpi di piccola mannaia pei quali, caduto sopra una panchetta, coloro credendolo morto, lo lasciarono e corsero a salvarsi in casa del doge. Renier Zeno riavutosi, ebbe la forza di correre alla riva e di slanciarsi in una barca, che colà a caso trovavasi, facendosi condurre a s. Lorenzo in casa di ser Francesco Donà suo cognato. Grande stupore e sdegno vivo e generale destò naturalmente l’orrendo fatto in tutta la città, ed il popolo affollavasi sulla piazza a raccoglierne i particolari e tutti quasi concordavano nel-l’opinione che il colpo uscisse da quelli della famiglia Corner. Il figlio dello Zeno, Francesco Maria, si presentò seguito dai parenti al Consiglio dei Dieci, ridottosi prontamente benché in giorno festivo, seco recando la camicia e la veste stracciata e insanguinata del padre, nonché una delle armi lasciata dagli assalitori nella fuga, e domandando ad alta voce vendetta. Fu tosto pubblicato un bando con promessa di diecimila ducati e facoltà di liberar un bandito a chi svelasse l’autore del misfatto e pena di morte a chi lo celasse od avesse dato mano alla sua evasione ; si nominarono inquisitori del caso Pietro Ch'io, Pietro Sagredo, Alvise Renier, ma il popolo diceva eh’ erano piuttosto dimostrazioni che verità, poiché ben sapevasi dove, dopo commesso il delitto, s’erano rifuggiti gli assassini, e che si avrebbe doviito cominciare dall’ esaminar scrupolosamente tutti quelli della casa del doge. I sospetti presto si cambiarono in certezza per la fuga di Giorgio figlio del doge, sco-