basciatore avesse dato alcun lume degl’inventori, li avrebbe esemplarmente puniti ; s’estese la contessa dal canto suo in abbandonati rendimenti di grazie e con umile e compostissima maniera si partirono. Il 29 aprile fatti poi venir nuovamente in Collegio la contessa e l’ambasciatore, che alla chiamata mostrò qualche imbarazzo, fu loro lette la deliberazione del Senato del giorno precedente con cui davasi piena dichiarazione della sua innocenza ; non essere le corse vociferazioni che indegne calunnie, sul qual proposito scriverebbesi di conformità anche all’ambasciatore Landò in Inghilterra onde ne certificasse il marito e lo stesso re. Delle quali espressioni rese la Contessa quelle grazie che potè maggiori, domandò di presentare due fogli l’uno contenente la narrazione del-l’occorso da mandarsi in Inghilterra, 1’ altro l’istanza che a salvezza della sua riputazione volesse Sua Serenità quella narrazione leggere ed approvare e far consapevole Sua Maestà della sua innocenza. Dopo letto disse il doge che, quanto alla sua domanda che ne fosse scritto in Inghilterra, erasi già prevenuta colla deliberazione del Senato a lei teste letta e comunicata all’ ambasciator Landò ; che la riassicurava nessun sospetto aversi del fatto suo ; che nessuna nazione era veduta più volentieri della inglese, e ben dovea saperlo l’ambasciatore (al quale si voltò un poco), che conosceva il doge e il suo governo lontani da ogni disgusto e gelosia (1). L’ ambasciatore volea giustificarsi dell’ avvertimento dato alla contessa, dicendo d’essere stato anch’ egli ingannato ; che d’ ogni intorno gli pervenivano voci contro la medesima; che da parte assai sicura gli era stato comunicato, che alle interrogazioni del Foscarini sopra le notturne ambulazioni sue, s’era egli fatto intendere nella risposta, (1) Alludendo al fatto del Bedmar.