208 sale, domandò spontaneamente che quelle elezioni fossero annullate, adducendo a scusa dell’ avervi precedentemente acconsentito, l’aver egli ignorato il senso preciso e la latitudine che aver poteano quelle leggi, e d’accordo cogli avo-gadori Tomaso Priuli e Leonardo Emo fecene atto relativo il 23 ottobre 1627. Ma poi nel Collegio, chiesto di parlare, proruppe in gravissime querimonie intorno alla sua mala fortuna che l’avesse condotto in tanti travagli e persecuzioni, mentre altro non attendeva se non al pubblico servigio ; che sarebbe morto di dolore se si fosse con broglio e raccomandazioni procurato il dogado, ma essendo stato assunto a questo contro il suo pensiero e desiderio mentre godeva di vita quieta e tutto attendendo alla salute dell’anima sua, molto dolevagli aver a ricevere simili mortificazioni ; raccontò quanto aveano fatto gli avogadori ad istanza del Zeno ; che prima di fare qualunque passo egli avea sempre consultato i Consiglieri, che colpa adunque in lui? Che però ad ogni modo, anche allora ei sarebbe pronto ad ubbidire, non avendo mai preposto gl’ interessi pro-prii a quelli del pubblico servigio, nè aver egli animo differente da’ suoi maggiori e da tutti quelli di sua casa, nessuno de’ quali avea mai dato mala soddisfazione di sè alla Repubblica, e benché vi fossero stati tanti vescovi e cardinali della sua famiglia, nessuna lagnanza s’era mai udita che si fossero diportati a Roma e altrove altro che da buoni veneziani e della patria loro amantissimi. Lo stesso poter egli di sè medesimo affermare, lo stesso de’ suoi figli) de’ quali non sapeva nessun mancamento, che se sapesselo gli caccerebbe tosto di casa, e non gli avrebbe più in conto di figli, pregando anzi ciascuno volergli dire liberamente se qualche colpa fosse in essi, come pur vivamente pregava, che se conoscessero che non per difetto di volontà, ma per quello delle forze, sendo vecchio e debole, egli non