435 al mare vi si affogarono ; quei che cercavano scampo sul lido erano fatti dal vezir trucidare, ma tant’era la furia rlel mare, tanto 1’ imperversare del vento, che le galere cristiane correvano pericolo di andar di traverso se prestamente non avessero dato fondo. Per qualche tempo la sola capitana maltese diede la caccia a tutta 1’ armata turca, e il Moce-nigo, non curando i pericoli della bufera, tagliò fuori una galera e se ne impadronì (1). Calava intanto la notte, e i generali tenuta consulta deliberavano distruggere il domani interamente la flotta nemica, se non che sorse il giorno sì tempestoso, che tutte le due parti furono costrette a starsene ferme senza poter nulla intraprendere. Nella notte abbonacciatosi il vento, poterono le altre galere venire ad unirsi a quelle del capitan generale, ma la mattina volendo superare la punta di Barbieri per guadagnare il sopravento e battere sette galee turche, il vento rinforzò di nuovo, e impedì la disegnata mossa. Verso sera il tempo si fece più favorevole, e allora il Mocenigo senz’ altro attendere, dato il segnale, seguito da altre undici galee trapassò felicemente la prima batteria del nemico. La galera del capitano del golfo ebbe rotta l’antenna, ma il Mocenigo, nulla curando i colpi che da tutte parti fioccavano, avanzava rapidamente tutto acceso nel volto per 1’ ardor di combattere, sprezzator d’ ogni rischio, solo anelando alla vittoria. Appoggiato al suo stendardo, colla voce e col gesto comandava, incoraggiava, ove foss’ uopo pregava i suoi a spingersi sempre più avanti, e già erano molt’ oltre, e già l’agognata meta affacciavasi a’ loro sguardi, quando improvviso lampo annunziò l’accensione della polveriera. Accese le corde, un’antenna precipitando colpì sulla testa il Mocenigo e fecelo cadere estinto, le altre galee fermarono il corso, fu (1) Nani, Storia della Rep. Veneta, II, 446. »