419 dovi grandi danni e morti. Il giorno dieci le due armate trovaronsi a fronte schierate a battaglia ; nè era ancora incominciata, che due galeazze comandate da Luigi Tommaso e da Lazzaro Mocenigo vedendo presso a terra una squadra di galee nemiche s’ avanzarono per tagliarle fuori, e il capitan generale scorgendo il pericolo del tentativo, spedì loro ordini che al grosso della flotta si riunissero. Ma il combattimento era già incominciato e sostenevasi delle due galeazze con mirabile valore contro forze di gran lunga superiori. Alfine la gaiezza del capitan bascià secondata da altri navigli si afferrò violentemente a quella di Lazzaro Mocenigo, il resto della flotta circondò 1’ altra di Luigi Tommaso, il quale non perciò perdendosi d’ animo, solo attendeva a confortare arditamente i suoi, e questi, lui morto di moschettate, continuarono bravamente a difendersi, supplendo al comando il cavaliere di Arassi e il signor di Serpentie francesi. Avvicinatosi opportunamente Francesco Morosini, i Turchi dovettero desistere. Nè con meno valore combatteva dal canto suo Lazzaro Mocenigo ; che ferito alla mano e nel braccio di una palla di moschetto e di freccia, pur costrinse i Turchi a ritirarsi. Intanto l’ala sinistra dei Veneti movevasi al soccorso, e ingaggiava furiosa battaglia col nemico ; i Turchi battuti si diedero a fuga generale nulla valendo ad arrestarli le grida, i rimproveri, le minaccie stesse dei capi e ritirandosi con loro grande vergogna, lasciavano alcuni navigli nelle mani dei vincitori. Fu trofeo di questi, dopo furiosissima mischia, la stessa capitana delle navi di Costantinopoli comandata dal rinegato Mustafà, onde potè questa dirsi una luminosissima vittoria. Pervenutane a Venezia la notizia mentre stava il Maggior Consiglio ridotto, furono appena lette le lettere, che il doge Francesco Molin scese in chiesa a renderne grazie a Dio accompagnato da magistrati, da gran numero