437 tura obbedissse, e la fortuna stessa prestasse braccio agli uomini forti. Perciò alcune volte trasportato d’ardore pareva che ciecamente incontrasse il pericolo e che troppo sovente ogni cosa azzardasse, ma ciò che sembrava temerità, era virtù necessaria, imperocché misurando il numero e l’ardir del nemico, egli stimava, che nè incontrarlo nè batterlo si potesse se non pareggiando col cuore la forza. » Colla morte del Mocenigo le cose dei Yeneziani voltarono faccia, imperciocché i capitani pontificio e maltese si ritirarono, e passato il comando per anzianità in Lorenzo Renier capitano delle galeazze, vennero a mancare la disciplina, 1’ ordine e 1’ accostumato coraggio. Tenedo e Lemmo così gloriosamente acquistate l’anno avanti, andarono perdute ; in Dalmazia furono bensì ottenuti alcuni vantaggi e Cattaro fu salvata, ma erano troppo insignificanti fatti nella gigantesca lotta cho già da dodici anni Venezia quasi sola sosteneva. Debole apparenza di pace sorgeva nella buona inclinazione mostrata dal vezir di finire una guerra che tanto costava anche alla Turchia, per volgere invece le armi con isperanza di miglior successo in Ungheria e contro il principe Ragoczi di Transilvania, già dal sultano innalzato, ma che non si mostrava docile abbastanza. Chiamato adunque a sè da Adrianopoli il secretario Ballarmi, gli fece intendere a principio con vaghe e incerte parole la possibilità di un accomodamento, quando però la Repubblica consentisse alla cessione di Candia e delle piazze annesse. Rispose il Ballarmi a tanto non estendersi le sue commissioni e dover riferire a Venezia, ove fu mandato un dragomano con un temine di due mesi alla risposta. Varie erano le opinioni nel Collegio, e quelli che propendevano alla pace dicevano : abbastanza essersi ormai fatto per 1’ onore, per la gloria, per la grandezza della Repubblica, e più che non sarebbesi po-