387 L’ ambasciatore veneziano in mezzo a tante difficoltà non si perdeva d’ animo (1), e metteva ogni suo sforzo per ravvicinare quelle due potenze. La Spagna, ripreso l’usato orgoglio per alcuni vantaggi ottenuti dalle sue armi, tornava più che mai ostinatamente alle sue pretensioni, quando nuovi disastri vennero a colpirla nei suoi regni di Napoli e Sicilia, principali fonti di ricchi sussidii al governo spaglinolo, dopo quelli delle Indie Orientali. Erano quelle provincie smunte continuamente di danari e di uomini, le enormi imposte rumavano 1’ agricoltura, i dazi, il commercio, altre gravezze ogni genere d’industria; e mentre i nobili e il clero nulla pagavano, il povero popolo era ridotto alla disperazione. Laonde la fame che tenne dietro ad un cattivo ricolto il fece finalmente prorompere a Palermo, ove il viceré Los Velles fu costretto a sopprimere le gabelle più recenti, e restituire al popolo l’elezione de’ suoi magistrati (21 maggio 1647). Un fabbricatore di cuoi dorati, Josè d’Alessio, uomo di coraggio e di probità, scelto dal popolo per suo capo, avea preso a regolare il movimento, e a procacciare all’ isola le antiche libertà volgendosi per appoggio alla Francia, quando una nuova sommossa provocata dai nobili e dai nemici dei Francesi gli tolse la vita (22 agosto) e la Sicilia tornò sotto al giogo. Assai pili terribile fu la rivolta scoppiata nello stesso ^mpo nel regno di Napoli, trattato ancora peggio, se è possibile, che non la Sicilia. « Questo popolo, scriveva il residente veneto Andrea Rosso da Napoli il 9 luglio 1647 (2), rotti gli argini della modestia per le troppo eccedenti gabelle, datosi alla disperatione, s’è sollevato, e si ritrova (1) Vedi la Relazione di Alvise Contarini sul Congresso di Münster, CoS. XCVIII, cl. VII, alla Marciana. (2) Dispacci in Mutinelli : Storia arcana, p. 168, t. III. 1647.