303 cenno di untori (1), non si trova indizio che le popolazioni profittassero della pubblica sciagura per tumultuare contro (1) La relazione ohe fa della peste di Brescia il rettore podestà Agostino Bembo il 26 febb. 1630/31 è di tanta importanza mostrando essa la saviezza e il buon governo di quel rettore che è bene qui riferirla. « Nel mio primo ingresso al reggimento, anzi nel primo giorno che smontai di carrozza ritrovai principio di male, poiché venuto un tal corriere da Bergamo et fermatosi in una ostaria in poche ore morì. Fu veduto il cadavere et li medici con chiusero che fosse veramente peste. Qui le diligenze furono grandi di sequestri di case, di abru-giamento di robe, et di tutte quelle altre cose che stimavamo necessarie per la conservatione della salute. Fermò qui il male in città et sebene a Palazzuolo et a Ponti nel territorio si sentivano continuati progressi (principiato anco ivi il male pur da Bergamo) non dimeno con le diligenze che si facevano usare alle porte speravimo nella misericordia di Dio di poter conservarsi senza maggior augumento. Successe il giorno del Corpus Domini 1’ accidente della perdita di ' aleggio e della rotta data a’ nostri, giorno infausto per V.ra Ser.tà perchè oltre la perdita della riputazione, che pur era in colmo appresso ognuno si fece anco perdita della salute nella città et nel territorio tutte. Vennero li soldati sbandati, sbigottiti et confusi alle porte della città di Brescia, et perchè era necessario riceverli chi voleva raccogliere quelle poche reliquie rimaste, vedevimo anche patentemente eh’ era un anidarsi una serpe nel seno. Non di meno ogni buona regola di governo c’ insegnò di sprezzare tutto per conservare quella poca milizia che doveva pur ancora esser la difesa del stato, dei sudditi et de suoi baveri. Non così tosto furono quartierati in città che si principiò a sentire qualche morte in poco tempo e nella militia e nel popolo minuto. Accrescessimo noi rettori le diligenze et volessimo indagare la causa di questo male et il principio et l’origine sua. Ritrovassimo che li soldati venuti in città et passati da Desen-zano avevano rotto il lazzaretto et rubato tutta la roba infetta et apportata seco. VV. EE. pono ben considerare qual travaglio provassimo noi rettori, quali proclami rigorosi fossero formati da noi, acciò la roba fosse ritrovata, non venduta et abbruciata. — Niente valsero li proclami, poiché Pavaritia degli uomini per comprare a sì basso prezzo, tutto sprezzò, nè mai potessimo aver lume da alcuno che fosse esitata la roba da soldati et comperata. Per questo principiarono le morti. Queste andarono crescendo et la povertà in particolare senza guadagno, con poco anzi niente di capitale nelle case, convenivano morire anche da inopia et da somma necessità. — Si provide quanto più si potè e con eccitamento alli deputati pubblici et alla sanità si fece ritrovare danaro per assegnar un tanto al giorno alli poveri, che andavano al lazzaretto et si se-