206 al doge, a’ suoi figli e nipoti l’accettare alcun beneficio ecclesiastico, e a quanto era stato fino allora osservato in questo particolare. Parve ai Corner potervi rimediare col fare che il doge stesso ne desse comunicazione al pien Collegio domandando che questo volesse dichiarare se nel divieto si comprendesse anche il cardinalato, mentre egli in ogni caso sarebbe pronto a piegarsi alla pubblica volontà e ordinare al figlio di rinunziare alla sua dignità cardinalizia, anzi a deporre egli stesso il corno ducale quando ciò venissegli imposto ; adduceva però ragioni per le quali il cardinalato non sarebbe stato compreso nelle leggi (1), e neppure nella Parte 2 novembre 1617 ove parlavasi di benefizii e pensioni, mentre quello non era che un titolo. Nel Collegio nessuno osò contraddire fuorché Nicolò Contarini Savio del Consiglio, e raccoltosi nella sera il senato, Battista Nani consigliere di settimana propose che si rispondesse a Sua Serenità essere opinione del senato che la dignità cardinalizia avesse ad essere compresa nelle proibite dalle leggi, soggiungendo però quanto a sè che pei meriti del doge e della sua famiglia, e specialmente per la condizione dei tempi, che non permettevano disgustare il Pontefice, si avesse ad ogni modo ad approvare 1’ elezione, che altrimenti facendo, si correrebbe rischio di non avere in seguito più alcun cardinale veneziano, che infine non si avrebbe potuto avere certamente uno più del Corner affezionato alla Repubblica, e che tutt’ i vantaggi di lei avesse più a cuore e procurasse, laonde proposta l’approvazione, questa infatti fu vinta, opponente sempre Nicolò Contarini. Nè a ciò si limitavano i Corner, che sotto colore di servigio pubblico, tanto il nuovo cardinale quanto il fratello Marcantonio, Primicerio di s. Marco, ottennero, contro le (1) Parti 13 marzo 1523 e 5 nov. 1615.