100 ogni soccorso, come altresì prometteva di fare la Repubblica di Venezia (1). Così quietarono nuovamente, sebbene per breve tempo, le cose d’Italia, e poco dopo moriva il 29 ottobre di quell’anno 1615 il doge Marcantonio Memmo (2). I cinque correttori alla promissione ducale confermarono ed ampliarono vieppiù le precedenti leggi relative alle strettezze imposte ai dogi, e fra quelle della nuova Promissione sono a ricordarsi il divieto fatto al doge di tener baldacchino, ai suoi figli di portare maniche ducali, di avere alcuna preminenza, di entrare in Pregadi se non compiuti i trent’anni; che i figli e i nepoti, i fratelli e figli di questi non potessero conseguire beneficii ecclesiastici, che i camerieri e gli scudieri del doge dovessero essere nativi dello Stato, che il doge provvedesse che il povero non fosse oppresso dai potenti (3). In proposito della qual raccomandazione non sarà fuor di luogo riferire una Parte presa a que’ dì, vacante ducato, nuova e bella testimonianza dell’ amore che in Venezia mettevasi alla giustizia, e nuova confutazione, se pur ve ne fosse d’ uopo, alle tante calunnie in questo proposito (4). « Avendo sempre invigilato la Repubblica nostra che per servizio della giustizia e consolazione dei sudditi ognuno conseguisca il suo, considerando quanto ciò sia grato al Signor Dio, ha perciò con varii capitoli sparsi nelle Promissioni ducali provveduto che li Serenissimi Prencipi a-vessero particolar cura che le sentenzie civili fatte dai consigli e magistrati fossero eseguite e che il povero non fosse oppresso dal potente e ricercando la paterna carità di essa (1) Morosini, Storia veneziana, L. XVIII, 224. (3) Veci. Ciò. Iscriz. IV, 494. (3) Antelmus, Registro del M. C. all’Archivio, p. 143. l4) Antelmus 5 nov. 1615, p. 143.