549 con una lontananza così artificiosa di acqne e di scogli, che acque e scogli parevano veramente ; era il sito tutto oscuro, solo splendendovi alcune stelle, che una dopo l’altra a poco a poco sparendo, davano luogo all’ aurora. Tutta di tela di argento vestita con una stella lucidissima in fronte, ella compariva dentro una bellissima nube, la quale ora dilatandosi, ora restringendosi, faceva con gran meraviglia il suo passaggio in arco per lo ciel della scena, e quecta divenne allor luminosa al par del giorno, e 1’ aurora cantava il prologo. Succedeva a questo una soavissima sinfonia con accompagnamento di tiorba, specie di liuto, eseguito dallo stesso compositore Ferrari, alla quale teneva dietro 1’ apparizione di Giunone sopra un carro d’oro fiammante con una superba varietà di gemme in testa e nella corona. Di fronte le compariva Mercurio volante per istu-pendo e agli spettatori invisibile macchinismo, ornato de’ suoi emblemi, coperto di un manto azzurro che gli svolazzava sulle spalle. Cantata la loro parte, ecco ad un tratto la scena cambiarsi di marittima in boschereccia, così al naturale che al vivo portava all’occhio come effettivi e veri una cima nevosa, un piano fiorito, un’ intrecciatura silvestre, una caduta delle acque. Andromeda avea in dono un vestito color di foco di grande valuta, le dodici ninfe che la seguivano portavano leggiadro e bizzarro abbigliamento di bianco, incarnato ed oro. Così andavano continuamente cambiando le prospettive e le deità, ora un Nettuno sopra una gran conca d’argento tirata da quattro cavalli marini, ora Proteo vestito a squamme argentee, ora tre bellissimi giovanetti come amorini a fare per intermezzo graziosissime danze d’invenzione di Giovanni Balbi veneziano, altri balli intrecciavano Andromeda e le sue damigelle per 1’ allegrezza dell’ ucciso cinghiale. S’aperse il cielo e fu veduto Giove circondato dagli dei con mirabile effetto per la quan-