348 rarsi nella cala di s. Nicolò e poi in alcuni seni rimoti di Cefalonia, sin a tanto che placato il vento contrario, abbandonato il vascello turco che più non poteva reggersi, si ridussero a Malta (1). 1644. A tal notizia grande fu il conturbamento a Venezia per le conseguenze che da sì gran fatto erano giustamente a temersi ; immenso il furore a Costantinopoli, immensa la collera d’Ibrahim. Dapprincipio essa fu volta soltanto contro i Maltesi (2), ma poi udito del loro sbarco in Candia, chiamati tutti gli ambasciatori dinanzi al Cogia (precettore) e al Kadilasker (generale delle truppe) per interrogarli sul fatto, scriveva il bailo Giovanni Soranzo al suo governo (3) : « Le proposte e le risposte furono tanto confuse che mal io posso ripromettermi di riferirle in ordine. Il cadileschiero della Grecia fu il primo a dire che il re haveva dato ordine di chiamarci per intendere da noi quello che sapevamo della presa del Kislaragà. L’ ambasciatore di Francia fu il primo a dire che non avea saputo mai alcun particolare di più di quello si è divulgato qui. Io confìrmai lo stesso et il medesimo disse anco l’agente di Fiandra. Replicò il cadileschiero che il re credeva che alcuno di noi sapesse tutto molto bene e che non si volesse palesare. Si disse che nè in particolase nè in universale non vi era alcuno, et che quando altrimenti fosse, nessuna consideratione ci avrebbe potuto impedire di non parteciparlo, perchè questo non era il primo caso successo, onde non poteva esser riuscito novo nè a S. M. nè a sue signorie illustrissime. Il Coza con la sua veemente et altiera maniera disse che non era tempo di star (1) Nani, Storia Veneziana, II, 25. (2) Alla fine di settembre fu fatto comandamento del Gran Signore al Sangiacco di Castelnuovo di trattar bene i Veneziani e dar addosso soltanto a’Maltesi. Dispacci Gio. Soranzo all’Archivio. (■>) 20 die. 1644. E’ questo un documento importante che ci presenta all evidenza la fierezza turca e la difficile condizione degli ambasciatori.