92 gni di Enrico IV, poteva ora invece far più che mai sentire il peso della sua autorità sull’italiana penisola, e più di tutti avea a temerne Carlo Emanuele duca di Savoja, che si trovava particolarmente esposto alla sua collera. Difatti il re stesso lasciava intravedere di voler venir contro di lui a qualche atto di rigore, ed il Fuentes non mancava di tenersi ben armato e pronto. Ma Carlo Emanuele per nulla invilito e forte di un esercito di ben diciotto mila soldati nazionali di quattro mila francesi sotto il duca di Nemours, invitava per di più il Lesdiguières ad accostarsi al Piemonte per aiutarlo, al caso che gli Spagnuoli lo assalissero, e si mostrava pronto e disposto a far fronte a qualunque evento. Nello stesso tempo si adoperava a procacciarsi nuove alleanze e prima si volse a Venezia, colla quale e colla Francia fino dagli anni addietro avea maneggiata una lega per la liberazione d’Italia. Ma Venezia non avea punto volontà di mettersi in sì grande impiccio, e consigliava la pace. Non lasciava tuttavia di lodare gli apparecchi di difesa del duca, ed esortavalo a continuare nella sua unione con Francia, mentre assicurava ch’essa dal canto suo starebbe sempre avvertita a tutto quello che potesse concernere la sicurtà e libertà d’Italia (1). Stretta dall’ambasciatore di Savoja rispondeva che il far lega in quel momento sarebbe dar la spinta agl’imperiali ad afferrare le armi, e perciò bastare per ora la buona unione degli animi, mentre la Repubblica non mancherebbe de’ suoi buoni ufficii pel mantenimento della pace e degli Stati del duca (2). Scriveva infatti al papa sollecitando la sua mediazione per fare che tanto gli Spagnuoli quanto il duca disarmassero. Ma vedendo che gli Spagnuoli, benché morto il conte di Fuentes e succedutogli D. Giovanni de Mendozza (1) Delib. Roma 18 giug. 1610. (2) Delib. Roma 3 lug. 1610, p. 29. 0