216 prironsi altri quattro complici, e furono citati tutti a comparire nel termine di tre giorni. Dicevasi pubblicamente che il castigo dovrebb’essere esemplare, che in questo caso non bisognava procedere al modo solito di 'Venezia e fare più strepito che fatti ; tutti correvano ad informarsi ogni giorno della salute del Zeno e generalmente si desiderava che il Consiglio de’ Dieci operasse con tutta prontezza e rigore. Intanto avendosi a nominare due del Consiglio de’ Dieci, il Maggior Consiglio approvò Gio. Barbarigo cognato dello Zeno, che fu poi eletto capo insieme con Angelo Morosini, e il 7 gennaio fu pronunziato colle solite formule il bando contro Giorgio Corner che fu spogliato anche della nobiltà insieme coi suoi discendenti, i suoi beni furono devoluti al fisco ; gravi pene si minacciarono a chiunque gli avesse dato soccorso, protezione, asilo ; fosse levata qualunque effigie, iscrizione, memoria che di lui esistesse nella città; nel luogo ove fu commesso il delitto fosse scolpita una nota d’infamia, si pubblicasse ovunque la sentenza. Furono egualmente banditi Pucci Romano o Romagnol e Alvise Remer suo famigliari, nonché due suoi gondolieri. Ma la confisca non ebbe effetto essendosi lasciato tempo ai Corner di provvedere ai fatti loro, e non fu fatta inchiesta, come dovevasi, di altri gentiluomini su cui cadeva sospetto, di complicità, laonde i Corner si mostrarono come prima a testa alta, per nulla curando l’iscrizione d’infamia posta nella Corte di Palazzo, anzi lo stesso Giorgio stabilì suo soggiorno in Ferrara, proprio sotto gli occhi della Repubblica, onde le moi’morazioni contro il Consiglio de’ Dieci a cagione della sua evidente parzialità pei Corner non aveano fine ; al che si aggiunse la liberazione di certo Giulio Maf-fetti, per ducati quattromila eh’ ei promise di pagare alla Scuola di s. Teodoro, redimendosi per essi dalla pena di